Ascoltare è essere d’aiuto

Un trauma è tale in base alla capacità di resistere della persona: è ciò che la supera. È il nuovo, l’inaspettato, il caos che irrompe improvvisamente all’interno di un ordine che pareva perfetto. È il tuo compagno che ti tradisce. La ragazza che frequenti che ti dice che per lei la vostra relazione non è mai stata nulla di serio. È il fallimento di un progetto, di vita o di carriera. È la malattia o la perdita di una persona cara.
Ma non solo: può trattarsi di un evento potenzialmente positivo, come un nuovo lavoro o l’essersi trasferiti in un’altra città.

Riguarda, più in generale, tutto ciò che rappresenta un’interruzione nella linea narrativa della tua vita, tutto ciò che richiede una trasformazione, un cambio di identità, una piccola “morte” (ed una conseguente “rinascita”).
Trauma è soggettivo: è quando la sfida che stai affrontando, qualunque essa sia, è troppo per te. Come esseri umani, in generale, siamo davvero tosti. La maggior parte delle volte usciamo da questi cambiamenti con pochi danni, se non nessuno. Alcune volte addirittura queste esperienze ci fanno crescere…

…altre no

Secondo Liotti, uno dei fattori che fa sì che un evento possa o meno essere traumatico è lo “stile di attaccamento”. In pratica, attraverso le relazioni che da piccoli hai con le persone che si prendono cura di te, hai sviluppato memorie e aspettative riguardo a come puoi chiedere, e ricevere, aiuto da parte degli altri. L’adulto “sicuro” sa che può chiedere aiuto alle persone importanti nella sua vita e che molto probabilmente lo riceverà. È tranquillo su questo, “libero”.

Al contrario, l’adulto “insicuro” pensa che quando si mostrerà vulnerabile verrà ignorato, che le sue emozioni verranno viste come inutili fastidi, oppure che verrà aiutato troppo o troppo poco.Aspettandosi di non ricevere supporto, o meglio, di riceverlo in maniera inefficace ed inadeguato, è probabile che non lo chiederà. Il non avere qualcuno con cui parlare dell’accaduto (o il percepire di non averlo) è, per Liotti, ciò che più di tutto determina se un evento ha o meno effetti traumatici sulla persona.

Questo perché il linguaggio non serve solo per comunicare

La parola è il modo attraverso il quale la nostra identità viene costruita. È attraverso il dialogo che diamo significato agli eventi ed è grazie ad esso che diamo forma alla nostra narrativa.
Per questo un momento di crisi è un momento di riflessione, valutazione, che richiede di emettere un nuovo giudizio sulla realtà, cioè di esprimere una visione del mondo più complessa ed articolata, che permetta di includere il nuovo evento nella propria narrativa, ampliandola.

Esprimersi non serve solo per trasmettere un messaggio, ma per affermare la propria presenza, dare forma al proprio mondo, trasformare il caos indiscriminato in un ordine vivibile. Esprimersi è il modo attraverso il quale ciascuno di noi esiste.

Parlare è pensare e le persone hanno bisogno di essere ascoltate perché esprimersi attraverso il linguaggio è il modo in cui le persone pensano.
Nel suo bel video, Rick DuFer parla del recente caso del suicidio di Noa. Sembra che si siano espressi un po’ tutti a riguardo, ognuno dicendo la sua: c’è chi dice che ha fatto bene e chi dice che ha fatto male.
L’unica questione che ha senso porsi, anziché sparare al vento le proprie ideologie, è, parafrasando il filosofo di Youtube: “Come possiamo fare in modo che una cosa del genere non accada di nuovo?”.
Rick DuFer cita François Dolto, la quale sostiene che quando una persona medita il suicidio, lo fa perché non ha avuto modo di esprimere la sua esperienza a nessuno. Per prevenire questo tipo di avvenimenti, la sociologa suggerisce di comunicare ciò che sentiamo, di dire ciò che siamo, di esprimere la nostra soggettività.

Ma quand’è che crei le condizioni affinché gli altri possano comunicare loro stessi?

Quanto sei davvero disposto ad ascoltare? Ad essere il contesto, e l’occasione perché gli altri possano raccontarsi?
Per chi ha quest’esigenza, e tutti l’abbiamo in momenti diversi della nostra vita, è difficile esporsi. E stiamo creando una Noa ogni volta che chiudiamo questa possibilità per dare invece voce alle nostre convinzioni.
Nell’ascoltare esistono profondità in cui è meglio non avventurarsi se non si hanno i giusti strumenti, ma l’ascolto, di per sé, è una competenza che può essere sviluppata da chiunque. Tuttavia non si improvvisa: non è sufficiente avere buone intenzioni per essere d’aiuto. Bisogna allenarsi.

Potresti iniziare col non dare consigli. Mai. Dai consigli quando vuoi sembrare intelligente (fallendo miseramente per la maggior parte delle volte). Ottieni consigli quando la persona a cui stai raccontando qualcosa di pesante o complicato vuole liberarsi di te. I consigli sono ciò che ottieni quando la persona con cui stai parlando vuole dimostrarti la sua superiorità. D’altronde se non fossi così stupido, non avresti problemi così stupidi.
Allo stesso modo, non consolare. Davvero pensi che ciò che serve alla persona in questo momento è sentirsi dire “vedrai che andrà tutto bene” ?
Piuttosto ascolta.

Resta in silenzio finché l’altro non ha finito di parlare. E poi osserva l’effetto che fa all’altra persona l’aver espresso il proprio pensiero e avercelo, finalmente, di fronte.Ti verrà da dire la tua e se riuscirai a trattenerti potrai notare, magari con sorpresa, come l’altro non avesse ancora finito.
È impressionante ciò che le persone sono disposte a raccontarti se davvero sei disposto ad ascoltare. A volte, se le ascolti, le persone ti raccontano cosa non va nelle loro vite. A volte ti dicono anche come intendono porvi rimedio. E a volte questo aiuta te a mettere a posto qualcosa nella tua vita.
Perché ciò possa avvenire è necessario davvero accettare l’altro ed è una condizione che va prima di tutto sentita. Si tratta di interiorizzare l’idea che l’altro è libero di essere quello che è. Mostrare comprensione significa non valutare, né sotto forma di approvazione né di disapprovazione, non colpevolizzare né sentenziare l’altro, ma ascoltare ed essere in grado di comunicare di aver davvero compreso il suo punto di vista.
Lo psicologo Carl Rogers, a questo proposito, suggerisce un utile esercizio: “Poni a te stesso questa regola: ciascuna persona può esprimersi solo dopo aver prima riassunto le idee e le emozioni della persona che ha appena parlato in maniera accurata, in modo che anche lei ne sia soddisfatta”.

Quest’atto, tutt’altro che facile, non solo ti permette di assicurarti di aver capito cosa il tuo interlocutore ti sta comunicato, ma permette a lui o a lei di avere più chiaro, ed in una forma riassunta, il contenuto del suo pensiero.
Scrive Rogers: “Ho tratto molte soddisfazioni dal fatto di poter accettare un’altra persona. […] sono arrivato a rendermi conto che l’alterità della singola persona, il diritto cioè che ciascuno ha di interpretare come crede la propria esperienza, è una delle potenzialità più preziose della vita […]. Ogni persona è un’isola in se stessa […] e può gettare dei ponti verso le altre isola solamente se vuole ed è in grado di essere sé stessa”


Chissà quante volte il solo atto di ascoltare una persona può fare la differenza.

Bibliografia

Liotti, Farina : Sviluppi Traumatici
Peterson: 12 Regole per la Vita
Rogers: Un modo di essere

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